(Tutti gli account sono uguali. Ma alcuni account sono più uguali di altri)
Zittire i social di Donald Trump. Una scelta che abbiamo tutti, più o meno inconsapevolmente, applaudito. Ma siamo sicuri di renderci pienamente conto di cosa significa questo gesto?
Facebook o Twitter, come gli altri social, sono società private, aziende orientate al profitto. Punto. Che poi possano avere ANCHE una funzione sociale, pubblica, di informazione è marginale.
Sono aziende, posseggono tutti i nostri dati, tutte le foto che abbiamo caricato innocentemente nel corso della nostra vita (si, comprese quelle dei nostri figli, che un domani – come già accaduto in Francia – potrebbero denunciarci e costringerci a pagare risarcimenti).
Di noi sanno tutto: quanti minuti trascorriamo dentro Facebook, esattamente quando e da dove, con chi interagiamo, su chi soffermiamo per più tempo lo sguardo, quali parole usiamo più frequentemente, quali notizie ci interessano e quali argomenti ci appassionano, dove siamo e dove siamo stati ogni singolo istante della nostra vita da quando siamo entrati dentro il social.
Che uso fare di questi dati? Beh, il più conveniente – al momento – è un uso commerciale. Vengono venduti, nel rispetto di una qual certa privacy, a chi è semplicemente interessato a vederci dei prodotti. Siamo merce di scambio, pienamente consenziente.
C’è un regolamento che nessuno di noi si è preso la briga di leggere prima di sottoscrivere l’iscrizione. Un regolamento unilaterale. Chi lo viola può vedere bloccato il proprio account o sospeso. E’ quello che è accaduto a Trump e che sarebbe stato bello fosse accaduto anche a molti altri istigatori di odio. Ma mi viene da chiedere, sulla base di quali criteri affidiamo il destino della democrazia a un imprenditore dei social network? Applaudiamo la sua scelta nel momento in cui questa è da noi tutti condivisa, nel momento in cui condividiamo i valori di fondo.
Ma se così non fosse? Se l’imprenditore in questione, con l’enorme potenza del suo ruolo, valutasse che gli è più economicamente conveniente supportare un ribelle o un futuro Hitler? Uno strapotere assolutamente discrezionale.
Ipotizziamo per assurdo che Mark Zuckerberg fosse un folle seguace di Trump e usasse il suo potere per zittire tutti coloro che non la pensano come lui. Ipotizziamo che possa usare tutti i dati e le opinioni politiche di ciascuno di noi, esattamente come predetto da Orwell.
Poniamo per assurdo che l’imprenditore prevalga sul filantropo e un giorno Zuckerberg decida di vendere il suo patrimonio nelle mani – buttiamola lì- di un Donald Trump o meglio ancora di un Kim Jong-un. Chi potrebbe impedirglielo? E chi potrebbe a quel punto decidere in casa sua? Chi decide chi decide chi dentro i social?
C’era un tale che su Facebook e Twitter faceva numeri altissimi dicendo che non era giusto che Facebook o Twitter avessero il diritto di fare da cassa di risonanza o di zittire chiunque. E Facebook e Twitter gli azzerarono i profili…
Chi ha incoronato Mark Zuckerberg come uomo più potente dello stesso presidente degli Stati Uniti?
Forse ciascuno di noi, in quel regolamento che non abbiamo letto.