Smontare e rimontare progetti, test 2

Che poi un nuovo lockdown, parziale o totale, è come avere una seconda chance. Una nuova, drammatica, battaglia alla quale non è possibile sottrarsi. Nemmeno distogliendo lo sguardo e preferendo lamentarsi e protestare al combattere.

Abbiamo vissuto una parentesi di quasi normalità. Mesi in cui abbiamo perso solo una piccola parte della nostra quotidianità. Piccola ma densa, a seconda dei casi. Ciascuno di noi ha dovuto rinunciare a uno dei suoi mondi, ridimensionarlo, sospenderlo, vederlo da lontano. A volte perderlo.

Abbiamo perso molte cose. E’ stato perso molto tempo. Tempo che poteva essere investito per costruire un argine più alto o armature più resistenti.
Ma abbiamo preferito, tutti, chi più chi meno, fingere che fosse tutto come prima. Guardare dall’altra parte.
Credo sia l’istinto di sopravvivenza: se non ti sopraffà la paura che ti fa rinchiudere dentro ti inebria l’incoscienza di correre fuori al più presto possibile.

Abbiamo rinunciato a stringerci negli abbracci, a cenare con la famiglia. Abbiamo dovuto rivedere il concetto di festa di compleanno, di riunione, di appuntamento. Chi più chi meno abbiamo ridimensionato e stravolto la nostra vita sociale, chi più chi meno quella professionale, chi più chi meno quella artistica, spirituale o affettiva. Abbiamo rinviato viaggi e concerti, rimandato rimpatriate e appuntamenti. E spese. E progetti. E decisioni. Illudendoci che potevamo riprenderci in mano presto la vita di sempre. Ingenuamente convinti che in fondo non fosse cambiato nulla. 

Ma non può non cambiare nulla. Perché comunque vada ci aspetta un mondo diverso là fuori la prossima estate. Noi saremo persone diverse la prossima estate, più vecchi, più grassi o più magri. Più tristi. Lo saranno i nostri figli, che crescono disinfettando le matite e nella raccomandazione di non scambiare i giochi con i compagni. Lo saranno gli amici che nel frattempo abbiamo perso di vista e che non riconosceremo più nemmeno senza la mascherina. Lo sarà la nostra città, che cambierà pelle e padroni, senza che ce ne accorgiamo, una serranda chiusa dopo l’altra. 

E allora doversi fermare di nuovo, poco o tanto ancora non lo sappiamo, ci costringe a riformulare ancora di più i nostri programmi. Ci costringe a non averne. A ipotizzarne di nuovi. A tenerci spazio per qualcosa di imprevedibile. Che non deve essere necessariamente negativo.
Un po’ come si fa con i mattoncini del Lego: smontare e rimontare, seguire un nuovo progetto. Perfezionarlo lì dove non ha funzionato, lì dove è crollato perché senza adeguate basi d’appoggio. Inventarlo da zero. Sperimentare con i mattoncini disponibili – o anche meno – altre soluzioni, altre costruzioni che non avremmo mai costruito se nessuno avesse distrutto la costruzione precedente.
Una seconda chance in cui l’unico errore grave sarebbe arrendersi e smettere di ricostruire.