Ogni mattina, speriamo anche domani

Ogni mattina (dopo le guerre puniche per fare colazione-lavarsi-vestirsi in tempo) accompagno i miei bimbi a scuola.
3 minuti a piedi da casa, mascherine. Matteo (4 anni) porta il suo zainetto del pranzo sulle spalle e tira lui (perché è fforte) anche il trolley della Sofia (quasi 7 anni).
Entrambi a mano mia, una di qua e uno di là, attraversiamo la strada insieme. Superiamo la folla dei ragazzi delle medie che occupa il marciapiede. Diciamo “buongiorno” al nonno-vigile che ogni mattina e ogni pomeriggio cascasse il mondo è lì a fermare le macchine che puntualmente pretendono di passare nonostante il divieto.
Matteo consegna il trolley alla Sofia. Bacino sull’unico spazietto libero tra le guance e la tempia. Sofia varca il cancello rigorosamente in fila indiana secondo la sua fascia oraria di ingresso di 10 minuti. Matteo si arrampica sul muretto della ringhiera color arcobaleno e saluta la sorella con la mano. Lei ricambia poi sparisce dentro: dovrà spogliarsi della giacca e sedersi al suo banco, sostituire la mascherina che porta da casa con quella che ogni mattina le viene consegnata nuova dalla maestra. E restare seduta al banco. Anche per fare la merenda. Da brava, come è sempre. Se fuori il tempo è bello alla ricreazione potrà uscire a giocare in giardino ma se fuori piove dovrà passare la ricreazione seduta al banco, per questo si porta nello zaino alcuni giochi per giocare da sola.

Io e Matteo dobbiamo attendere fuori per altri 15 minuti perché l’ingresso alla sua scuola è scaglionato diversamente, quindi ogni mattina facciamo una passeggiata lenta nell’isolato. Superiamo la folla di bambini e genitori che attendono l’ultimo scaglione di ingresso dall’entrata sul retro della scuola, leggiamo i modelli di tutte le auto parcheggiate e Matteo critica quelli che hanno parcheggiato irregolarmente in mezzo alla strada. Superiamo la chiesa dove si svolge la messa, salutiamo l’altro nonno-vigile e raggiungiamo l’entrata laterale della scuola attendendo scrupolosamente lo scoccare dell’orario corretto. All’ingresso la maestra gli misura la temperatura e se è regolare può entrare. Nella scuola hanno diviso i bambini in “bolle” e nello spazio dove prima c’erano due classi oggi ci sono tre piccoli gruppi isolati e mai interscambiabili. I bambini non indossano la mascherina, sono troppo piccoli, ma le maestre si. E stando in piccoli gruppi eventuali contagi possono essere meglio contenuti.
Un sistema delicatissimo ma che sembra funzionare, penso io. Così come sembra funzionare quello alla scuola primaria dove con un bambino positivo maestre e compagni sono risultati tutti negativi.

Matteo si spoglia e si cambia le scarpe da solo e mi saluta mentre mi allontano. È contento. Come anche Sofia è contenta di andare a scuola. Stasera mi mostrerà con orgoglio i suoi quaderni, i suoi progressi, i suoi disegni ricchi di particolari ogni giorno più ben fatti.

Questa foto è scattata in questo punto di questa routine, nel momento in cui esco da scuola, ultima consegna effettuata.
Sospiro. Torno a casa e mi metto al lavoro. Convinta ogni giorno che passa che non sono le scuole il problema. Che quelle maestre, quei bambini, quei genitori e quei nonni sono degli eroi.
Sperando di poter rivivere questa routine, in equilibrio precario, anche domani.